Non è mai stata dritta la strada per la felicità

Sono cumuli di parole, raccolte a fatica e riordinate per ostinazione. Perché non ho ancora imparato a farmi bastare l’attenzione che mi rivolgo: voglio scriverle, le cose che sento. Non voglio lasciarle incustodite. Il senso, se non ce l’hanno, imparano a trovarlo da sole. O lo trovi più tardi, quando smetti di domandarti se sia possibile. Penso al tempo perso, a volte. E mi ripeto, risoluto e -forse- ingenuo, che il tempo sia una prospettiva. Un punto di vista, che ognuno riempie di quello che può. Per anni, l’ho riempito di tutte le ansie che, puntualmente, ho imparato (vigliaccamente) a giustificare. Ho perdonato le mie paure, invece di darmi tregua. Finisci per appartenere a quello che temi. Senza accorgertene e senza saperlo evitare. Da poco, invece, mi concedo di riempirlo di quello che ho imparato e di quello che voglio imparare. Mi guardo alle spalle e mi ripeto che serviva che andasse così. Che non sarei come sono, se i pezzi che fanno me non si fossero incollati a stenti e parole, mancanze e parole. Io non credo affatto che il tempo si possa recuperare. Credo, piuttosto, si possa curare. Come tutto il resto, del resto. Se non ti spieghi quello che vivi, se non torni indietro a dargli un senso, è come vivere di pezzi spaiati che non combaciano con lo spazio vuoto che gli spetta. O che gli resta. Gli spazi vuoti sono giorni interrotti; persino anni, a volte. E troppi anni ingiustificati sono un’occasione persa, oltre che un dolore che -presto o tardi- si ripresenterà. Non sono avanzi, non sono di troppo. La vita è fatta da tutti i frammenti, non solo da quelli che sappiamo perdonare. Ecco, è questa la parola giusta: perdono. Perdonare noi stessi, per averlo concesso. Poi, scusare gli altri, sarà la conseguenza. Verrà da sé. Parte tutto da lì. Dai pezzi appaiati dopo aver sopportato l’umiliazione di non essersi mai appartenuti. Dalla vita che ha un senso, che lo ritrova; ti guardi alle spalle e pensi “non è mai stata dritta la strada per la felicità“, rubando le parole a chi ne sa certamente più di me. E meno male, aggiungi. Un po’ malconcio, ma cresciuto.

Ho scritto questo testo un anno fa. In uno di quei giorni in cui mi sono guardato alle spalle, senza guardarmi più le spalle. Non mi sono protetto dalle parole, feroci ma necessarie, che mi colpivano. Ho lasciato che arrivassero, o che io le trovassi. Non conta. C’erano, erano già mie.

 

LA NEVE ALL’ALBA

Ero libero di correre ovunque
e ovunque non era il posto giusto
ero una sala d’attesa vuota
o un vuoto di vita che non si spiega

Ero un mendicante di rottami
di inverni freddi da finire
come la neve tra le mani
che si scioglie se fingi di non sentire

Nevico parole e risposte
in fila o nascoste
zitte e malconce
quando è buio e fa notte

 

Prima di mettere un figlio al mondo
dimmi se ti sembra il posto giusto
Dimmi se sai farne parte
o se aspetti qualcuno che te lo insegni

O ci inventiamo un traguardo
o ce ne toriamo in fondo
a sgretolarci i pugni
prima di picchiarci il volto
Ero libero di essere chiunque
e chiunque era un mio nuovo nemico
ero una sala d’attesa piena
o piena di gente che ha una scusa

Ero un mendicante d’attenzioni
di inverni brevi da fermare
come la neve all’alba
che si scioglie prima che qualcuno se ne accorga

Nevico parole e risposte
in fila o nascoste
zitte e malconce
quando è buio e fa notte

 

Prima di mettere un figlio al mondo
dimmi se ti sembra il posto giusto
Dimmi se sai farne parte
o se aspetti qualcuno che te lo insegni

O ci inventiamo un traguardo
o ce ne toriamo in fondo
a sgretolarci i pugni
prima di picchiarci il volto

Prima di mettere un padre al mondo
dimmi se ti sembro il figlio giusto
dimmi se so farne parte
o se aspetti qualcuno che me lo insegni

O ci inventiamo un traguardo
o ce ne torniamo in fondo
a sgretolarci i pugni
prima di picchiarci il volto
prima di ridarci un volto

Ero libero di correre ovunque
e ovunque era già il posto giusto

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2 pensieri riguardo “Non è mai stata dritta la strada per la felicità

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