“Oggi mi sento finalmente una donna libera (…) Sentirsi liberi significa stare bene”, così scrive Anna, quando ringrazia chi le è stato accanto durante la realizzazione del suo nuovo album, “Libera”, appunto, che non è solo una canzone, un titolo o un’intenzione. È –piuttosto- un manifesto, un monito, un traguardo raggiunto a fatica. Ma raggiunto. A ventotto anni, complice un figlio e un percorso a ritroso, per rimettere insieme i pezzi di un’adolescenza appassita, nel tentativo -criticato e severamente giudicato- di diventare donna in fretta. Anna, appena ventenne, era già un’artista affermata, una compagna innamorata ed era quasi madre di quel figlio che ha cambiato il corso delle cose. Un figlio che, oltre la maschera, ha visto la faccia. La faccia avvilita ma fiera di una giovane donna, che era rimasta a lungo in silenzio di fronte agli attacchi rumorosi e taglienti di chi le ha puntato il dito contro. E non c’è stato nessuno che l’abbia risparmiata. E mentre diventava il facile bersaglio di chi aveva qualcosa da rimproverarle, nessuno ricordava che avesse appena vent’anni. E anche lei, forse come arma di difesa o di disinteresse (mal celato), sembrava non ricordarsene più. E così è diventata “la Tatangelo”, l’altezzosa e rigida maschera di una ragazza cresciuta in fretta. E poi è diventata l’unica vittima del suo personaggio. Si è chiusa in gabbia e ha cercato la libertà (l’unica che –credo- conoscesse) nel recinto di quella trappola. Che è un po’ come correre da fermi: ti sfinisci, ma non arrivi da nessuna parte. E poi è nato Andrea.
Anna ha partecipato al sessantacinquesimo Festival della canzone italiana. Ha presentato, non a caso, “Libera”. Un brano melodico che si apre sull’inciso e lascia che (di)mostri tutte le sfumature della sua voce. Ha sceso la temuta scala del teatro Ariston, si è lasciata andare ad un sorriso liberatorio e ha cantato senza sbavature. E ha cantato se stessa. Finita l’esibizione, ha raccolto gli applausi del pubblico e ha salutato il teatro. Era chiaro a tutti, o forse solo ai più attenti, che quello che per “la Tatangelo” era il settimo Sanremo, per Anna era il primo. Trucco leggero, abiti raffinati ma semplici e uno sguardo risoluto e sereno. Di quella maschera severa e disincantata, non è rimasto che il ricordo; il ricordo di chi -ancora una volta e ingiustificatamente- ha pensato di servirsene per muovere nuove critiche. Che Anna abbia commesso qualche passo falso (l’ultimo –eclatante- la scorsa estate, con il brano “Muchacha”) è indubbio. Ma –allo stesso modo- è indubbio che, in quest’ultimo Festival, sia stata inattaccabile. Non solo per l’intonazione e la precisione con cui ha eseguito i suoi brani (oltre al pezzo inedito, ha cantato “Dio come ti amo” di Domenico Modugno, durante la serata dedicata alle cover) ma anche per l’interpretazione intensa che ne ha fatto.
Inoltre, complice –stavolta- il giovane stilista pugliese Francesco Paolo Salerno, Anna –ancora una volta- ha dimostrato cura e attenzione per il suo look. Del resto, in ognuna delle sue sette partecipazioni al Festival, non ha mai sottovalutato l’importanza di esprimere lo stato d’animo e l’intento del suo brano (anche) tramite la scelta dei suoi outfit. A nulla è valso rendersi ineccepibile: durante la penultima serata di Sanremo, è stata eliminata. Il fatto ha smosso il web, i social network e ha scomodato colleghi e personaggi dello spettacolo che hanno voluto esprimere il proprio disappunto. Io ho come l’impressione che abbia pagato le colpe di quello che è stata (che ho abbondantemente raccontato qui: http://www.basiliopetruzza.it/2013/12/lo-strano-caso-di-anna-tatangelo/ ) e che qualcuno si ostina a credere che sia ancora. E dopo un Festival tanto riuscito quanto –necessariamente- deludente, mi sembra evidente che –non accorgersi di qualcosa che è sotto gli occhi di tutti- non sia un caso, ma una scelta ben ponderata. Tutte le etichette che negli anni le sono state attribuite, quest’anno sono irrimediabilmente cadute.
Lo scorso 12 Febbraio è uscito “Libera”, il nuovo cd di Anna. Si tratta di quattordici tracce che spaziano dal pop intenso e melodico di “Ieri” e “Vento di settembre” a quello energico ed elettronico di “Gocce di cristallo”, “Inafferrabile” e “Sei”. Un album maturo (forse il più riuscito, finora), che Anna indossa con credibilità; è cresciuta ed è pronta a rimettersi in gioco, con la disinvoltura e la leggerezza che –forse- fino ad oggi le sono mancate; modula la voce in un crescendo di sfumature inaspettate e spazia tra generi differenti, dimostrando una spiccata versatilità. Ed esce dalla gabbia che le hanno costruito intorno (e che –spesso- ha eretto lei per prima) a suon di note, lasciandosi raccontare dalle parole del suo disco che, inevitabilmente, ha come filo conduttore la libertà. Di essere e di non essere più. Di essere Anna e di non essere più il pregiudizio che –negli anni- l’ha accompagnata e –qualche volta- è arrivato prima di lei.
Può dirsi soddisfatta e sorridere a se stessa, consapevole che le critiche che ancora qualcuno le muove siano infondate. E tagliare il traguardo più importante, quello che si realizza quando s’impara a ripartire dal punto d’arrivo: la consapevolezza di essere diventata quella che non sapeva di poter essere. Anna non è cambiata, ha solo capito che il giudizio degli altri non vale la propria infelicità.
Dite ad Anna che è solo amore, che non pianga in quel caffè.
Anna Tatangelo è un artista. Nel giro di pochissimo tempo, ha trovato una marea di fans, che nel giro di pochi mesi e anni sono moltiplicati. Purtroppo da subito è stata etichettata come “la fidanzata di”, e la “ruba mariti” e la “rovina famiglie”. Nessuno ha mai visto la vera Anna, la vera Artista. Ora basta! Perché nessuno va oltre in questo paese? Sono personaggi dello spettacolo, con i riflettori puntati addosso, è da una parte devono essere pronti ad esser giudicati, ma dall’altra parte, e anche giusto capire ed essere consapevoli che sono persone, sono umani, che sbagliano come noi. E poi nessuno deve giudicare nessuno nella vita. Ognuno di noi dovrebbe essere libero. #iostoconAnnaTatangelo