Miss Italia, quando bisogna imparare a dire «basta»

Ho guardato Miss Italia e ho trovato un programma anacronistico, goffamente svecchiato, a tratti addirittura imbarazzante. Un programma per nostalgici che tentano inutilmente di non sembrare vecchi. Ma la cosa peggiore è un’altra, ovvero il tentativo di stare al passo con i tempi, che si traduce in una serie di concessioni fatte alle ragazze.
Mi spiego meglio: alle miss è stata concessa la possibilità di parlare. Perché, insomma, i tempi sono cambiati, che ce ne facciamo di queste belle statuine mute, le nostre donne hanno anche altre qualità. E in che consisteva esattamente questa concessione? In venti secondi, messi a loro disposizione, durante i quali hanno parlato di sé leggendo un gobbo («Sogno di fare la maestra perché amo i bambini», «Vorrei fare la dottoressa perché da piccola guardavo Grey’s Anatomy», «La mia mamma è la mia migliore amica», questi i racconti più gettonati). Però erano tutte rigorosamente in bikini «Perché è ipocrita coprire le ragazze in un concorso di bellezza, non abbiamo bisogno di nascondere le loro gambe per rispettarle». Ed è giusto, sono pienamente d’accordo, il discorso sarebbe più che condivisibile se non fosse che parlare si è rivelata una concessione.
Ma la verità è che Miss Italia è una trasmissione che non ha più motivo di esistere, si trascina stancamente e risulta ridicola.
Se non fosse che portare la taglia 42, anziché la 40, è un’altra concessione. Se non fosse che «Ci siamo aperti alla diversità facendo gareggiare una ragazza con una protesi» è l’ennesima concessione. Se non fosse un programma così profondamente retrogrado e stantio, la frase «Non abbiamo bisogno di coprirle perché non siamo ipocriti» sarebbe persino lecita.
Ma la verità è che Miss Italia è una trasmissione che non ha più motivo di esistere, si trascina stancamente e risulta ridicola. Le donne possono addirittura parlare, pesare più di quaranta chili e avere una protesi al posto della gamba, «quindi il bikini lo teniamo perché noi le miss sappiamo rispettarle». Ma non direi proprio.
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