Vi ricordate Rita Bellanza, la concorrente di X-Factor dello scorso anno? È stata definita una rivelazione, un talento indiscusso, un’interprete senza precedenti. E questo dopo una sola esibizione. Il percorso nel programma, tuttavia, è stato travagliato, alla prima défaillance il pubblico le ha voltato le spalle e, da un giorno all’altro, è diventata una cantante mediocre, qualcuno ha azzardato anche “La peggiore concorrente di X-Factor” o addirittura “Il simbolo della decadenza della musica in Italia“.
Insomma, da promessa della canzone a ennesima sciagura dei talent-show il passo è stato breve ma per niente indolore, anzi. Era soltanto una ragazzina di vent’anni, con una voce non comune (probabilmente dovuta ad un problema alle corde vocali e non ad un talento naturale), niente di più. Tuttavia, è stata esaltata e massacrata con la stessa, identica forza. Qualche settimana fa, sempre a X-Factor, ha partecipato una ragazzina ancora minorenne, Martina Attili, che ha cantato un brano sulla cherofobia. Canzone carina e voce acerba ma gradevole, nient’altro. Tuttavia è stata osannata anche lei, ne hanno parlato i giornali, i social sono impazziti, il video della sua esibizione ha avuto centinaia di migliaia di click.
Pochi giorni fa, è toccato ad un’altra concorrente, Sherol Dos Santos, che ha fatto un’ottima esecuzione di Listen, arrivando a commuovere persino Manuel Agnelli. Una buona esibizione, tipica di chi ha piena consapevolezza del proprio strumento vocale e lo utilizza al meglio per impressionare pubblico e giudici. Oggi, ovviamente, i social sono in visibilio. E alla prima esibizione in italiano o di fronte ad una cover non riuscita, saranno pronti a insultarla, offenderla e qualcuno persino ad indignarsi. E lo stesso accadrà alla ragazzina di cherofobia, che è e resta una sedicenne con un talento in potenza, ma che avrà bisogno di tempo, studio e costanza per realizzarsi.
Purtroppo la regola dell’usa e getta sta modificando il modo in cui ci approcciamo alla musica o, meglio ancora, alla musica in tv. Perché i talent esistono ormai da vent’anni e hanno dato l’opportunità di arrivare al successo a talenti notevoli. Ma, col tempo, sono cambiati e sono diventati qualcosa d’altro. Oggi sono soltanto show, uno spettacolo che si consuma nel momento stesso in cui avviene. Tutto il clamore nasce e muore in quell’istante e non resta altro. I concorrenti vengono amati in un attimo e in un attimo abbandonati, denigrati, messi in panchina. E sostituiti.
Qualcuno ha la fortuna di uscire, pubblicare due dischi a distanza di pochi mesi, riempire qualche palazzetto e scrivere un’autobiografia, prima di sparire. Tutti gli altri, invece, esistono giusto il tempo di essere in trend topic su Twitter, poi risultano già obsoleti. Allora, probabilmente, è scorretto e sbrigativo dare la colpa ai talent-show, perché sono soltanto un’occasione, un mezzo, un oggetto. Il mercato si adegua a quello che il pubblico vuole. E se il pubblico non ha la voglia, il tempo né l’esigenza di conoscere a fondo un artista, il mercato lo userà per qualche click ad un articolo o per farne gossip da talk show, ma poi lo abbandonerà.
Oggi sono soltanto show, uno spettacolo che si consuma nel momento stesso in cui avviene. I concorrenti vengono amati in un attimo e in un attimo abbandonati, denigrati, messi in panchina. E sostituiti.
Allo stesso modo, se il pubblico ha interessi ciclici e, passati sei mesi, abbandona un cantante, il mercato lo utilizzerà in ogni modo possibile (dischi, tournée, libri, docu-film, diari) finché avrà ancora un valore economico, perché di quello artistico non gliene importa nulla. Dare la colpa ai talent se la musica è finita, è come dare la colpa a Facebook se la gente è cretina. Il mezzo resta un mezzo. Diventa cattivo quando le persone lo usano male.