Mahmood: i gay sono i peggiori nemici dei gay

Mahmood

Riporto le parole di Mahmood in una recente intervista: «Non ho mai detto di essere gay, sono fidanzato, ma troverei poco educato se mi chiedessero se si tratta di una donna o di un uomo. Specificare crea già una distinzione». E io, invece, credo che sia vero proprio il contrario, ovvero che non specificare crei distinzione e faccia pensare a qualcosa di sconveniente e sbagliato.

Mi spiego meglio: se ad un uomo viene chiesto se sia fidanzato e risponde «Sì, ho una compagna» oppure «No, non ho una compagna», nessuno si sogna di dirgli «C’è bisogno di sottolineare che si tratta di una donna? Basta con questo esibizionismo, la vita privata è privata». Bene, allo stesso modo, nessuno dovrebbe criticare uno che dice «Ho un compagno» oppure «No, in questo momento non ho un compagno». Eppure ancora accade. E, se accade, è (anche) perché finiamo per farci ostracismo da soli.

Nel momento in cui una persona dice che «specificare crea distinzione», finisce per emarginarsi da sola, perché sta sottolineando che, di fatto, una differenza c’è. Il che non vuol dire che tutti debbano per forza dichiarare la propria omosessualità,  ma è più dignitoso un «Sono un artista, non parlo della mia vita privata», piuttosto che continuare con questa storia che specificare sia offensivo, sminuente o in qualche modo lesivo. Non è così.

Io spero in un mondo in un cui un gay possa dire «Ieri io e il mio ragazzo siamo andati al mare» senza che venga considerato sbagliato o innaturale rispetto da un eterosessuale che dice «Ieri io e la mia ragazza siamo andati al mare». Io spero in un mondo in cui la frase «Io e il mio ragazzo siamo andati al mare» non sia considerata coming out, ma una semplice affermazione. Perché ciò diventi vero, però, è necessario iniziare. E per iniziare bisogna smettere di credere che la differenza non vada detta. Va detta, perché esiste, e menomale.

La scelta di fare coming out è assolutamente soggettiva. L’importanza di farlo, però, non può e non deve esserlo. Fare coming out non significa salire sul gradino più alto e urlare al mondo «Sono gay», ma vivere liberamente la propria sessualità, ogni giorno, in ogni ambiente, in ogni circostanza, senza alcun tipo di vincolo o di timore.

Demonizzare il coming out, considerarlo un deterrente, quasi fosse l’opposto della libertà, è una bugia che fa comodo raccontarsi, ma rischia di fare molti danni. Rischia di creare una spaccatura ancora più profonda. Perché la vera distinzione non deriva dal fatto di sottolineare che ad un uomo piaccia un uomo mentre l’altro preferisce le donne. E finché un omosessuale considererà distinzione il fatto di dover esprimere i propri gusti sessuali, sarà lui per primo a condannarsi ad essere considerato un diverso.

Se Mahmood avesse risposto «Non parlo della mia vita privata», sarebbe stato un uomo qualunque che parla di musica in quanto musicista, stop. Nel momento in cui sottolinea «Non ho mai detto di essere gay, specificare crea una distinzione», è l’ennesima dimostrazione che il peggiore problema dei gay sono i gay. O quelli che pensano che essere gay non sia normale.

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