La Rua: «Nessuno segna da solo, ne siamo la prova»

I La Rua sono tornati con un nuovo album che si intitola, non a caso, Nessuno segna da solo. Un titolo che racconta lo spirito del loro gruppo, che non è «una somma di elementi», ma un collettivo che trova la propria forza nella condivisione. Di cosa? Di un sogno, di un’idea, di un percorso lungo e faticoso. Ecco cosa mi hanno raccontato.

La Rua

Vorrei raccontare la vostra storia e toccare alcune tappe fondamentali della vostra carriera. Ma intanto iniziamo dalla fine, dal vostro terzo album di inediti, pubblicato pochi giorni fa. Un disco che ha un titolo emblematico: Nessuno segna da solo

I brani che sono all’interno dell’album mostrano varie facce dei La Rua. Sono brani diversi tra loro, ma comunque legati dal filo comune del collettivo, della forza del gruppo che ha in sé qualcosa di più di una semplice somma di elementi.

Alta velocità è il brano che fa da apripista a Nessuno segna da solo.

È un brano che descrive forse la più classica delle storie estive, nate senza grandi obiettivi, ma con la certezza di vivere pienamente quello che la vita offre e di viverlo ad alta velocità.

La Rua, sei componenti e un progetto nato ormai anni fa dall’incontro con Dario Dardast Faini. Mi raccontate quando sei musicisti diventano una band?

Nel nostro caso, nel momento in cui abbiamo preso in mano e arrangiato il primo brano in assoluto, volevamo fare sul serio e da quel momento nulla è cambiato. Ogni volta che ci approcciamo ad una nuova canzone, l’energia positiva e la voglia di costruirla al meglio è sempre quella.

Quali sono i pro e i contro che di essere una band con ben sei componenti?

I pro li abbiamo già accennati sopra, con il mantra “Nessuno segna da solo”. I contro sono fare i conti con sei caratteri diversi che a volte confliggono. Ma anche questo si trasforma nel più grande vantaggio che ha una band: le discussioni sono fatte per essere chiarite e rinforzare ancor di più il legame che c’è tra di noi.

Siete una realtà anomala, in Italia. Ai vostri esordi, avete aperto i concerti degli Imagine Dragons, poi siete approdati ad Amici, avete spesso calcato il palcoscenico del primo maggio di Roma e avete duettato con Cristina D’Avena. Sfuggite ad ogni definizione, come spieghereste i La Rua a chi non vi conosce?

Semplicemente non ci piace porci alcun paletto o rimanere confinati in un determinato stereotipo. Ci piace sperimentare, provare nuovi modi di produrre musica, ma l’energia che ci contraddistingue da sempre, quella rimane, in ogni caso, è nella nostra indole.

C’è un punto fermo nella vostra carriera: il Festival di Sanremo. Quest’anno avete guadagnato il terzo posto a Sanremo Giovani con Alla mia età si vola

Le porte in faccia sono le esperienze che maggiormente ti temprano, se riesci ad estrapolare un insegnamento da esse. In ogni caso ognuna di esse ci ha portato regali inaspettati: il tour mondiale di quest’anno è uno tra i regali più belli e incredibili che possano capitare ad un artista.

Anche nel 2016 siete arrivato ad un passo dall’Ariston…

Quell’anno avevamo un brano in cui credevamo particolarmente e la modalità di eliminazione, unita all’insurrezione del pubblico, ci ha fatto masticare amaro, ma nel frattempo ci ha fatto sentire coccolati. Nell’amarezza, sentivamo di essere arrivati alle persone che ci avevano ascoltato.

Qualche anno fa avete partecipato ad Amici, come accennavamo prima. Ma a differenza di altri giovani talenti, arrivati nel programma con una personalità artistica da mettere a fuoco, voi avevate già una storia alle spalle. Che esperienza è stata?

Abbiamo sempre voluto far parlare la musica, mettendola avanti a tutto, anche a nostro svantaggio, se ragioniamo nell’ottica di uno show televisivo. In ogni caso è stata una palestra enorme per tutti noi che abbiamo avuto l’onore di lavorare con artisti dal calibro enorme.

Daniele, mi rivolgo soltanto a te, adesso. Sei uno degli autori più richiesti e apprezzati dagli interpreti della canzone italiana. Come scegli quando cedere un brano e quando tenerlo voi?

Attraverso i “La Rua” voglio sempre che passi un messaggio forte, chiaro e di carattere, non sempre tutti i brani si adattano a queste caratteristiche. A monte c’è anche un lavoro di selezione che porti a far ascoltare solo il meglio che come band possiamo dare.

Se Massimo Ranieri ti chiedesse un brano, glielo scriveresti?

Perché no?! Dopo l’eliminazione ci siamo anche risentiti telefonicamente e scambiato due battute. Non ha senso covare rancore verso qualcuno che ha semplicemente espresso una sua opinione.

Torniamo al presente, quali sono i prossimi progetti che vi attendono?

Macinare chilometri e chilometri con le date live. Dopo l’uscita del disco fisico, ci teniamo che quante più persone possibili, possano ascoltare l’impatto che ha dal vivo.

Concludo sempre le mie interviste con questa domanda: qual è la parola più importante della vostra vita?

Chiudiamo il cerchio con la prima domanda: collettività.

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